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Etru a Casa - Collezioni antiquarie

Oinochoe del Pittore Ceretano Castellani

21 Giugno 2020

di Fernanda Abbadessa

L’oinochoe del “Pittore ceretano Castellani”, al quale si attribuiscono poco più di una quarantina di vasi etruschi a figure rosse (prevalentemente oinochoai ma anche altre forme, legate al mondo del simposio) è caratterizzata da uno stile piuttosto ripetitivo e corsivo e dalla resa delle figure piuttosto monumentale all’interno del campo figurativo.

Oinochoe a figure rosse eponima del Pittore Ceretano Castellani, n. inv. 50668, sala 23, Collezione Castellani, produzione ceretana, (330-300 a.C.)

Oinochoe a figure rosse eponima del Pittore Ceretano Castellani, n. inv. 50668, sala 23, Collezione Castellani, produzione ceretana, (330-300 a.C.)

Il vaso, appartenuto alla Collezione Castellani rappresenta un momento della contesa musicale fra Apollo, dio che simboleggia la musica razionale e armonica, e il satiro Marsia, un mito più volte narrato dagli autori antichi. Notiamo due registri compositivi, uno collocato in alto sul collo, l’altro nel punto di massima espansione del ventre. In alto è rappresentata una coppia di figure poste l’una di fronte all’altra, un satiro nudo e in piedi, con una coroncina nella mano destra e una menade (o forse Afrodite) seduta su una roccia, adorna di tunica e gioielli, la quale contempla la propria immagine attraverso uno specchio.

La composizione sul ventre del vaso ha in Apollo il suo fulcro: il dio, seduto su una roccia di profilo verso destra, reca sopra il ginocchio l’elegante cetra ornata da protomi di cigno, sorretta con la mano sinistra ed ha il plettro nell’altra mano alzata. Alle sue spalle una #Nike alata porge una corona al vincitore. Di fronte ad Apollo invece è raffigurato Marsia, con l’aulos impugnato nelle due mani.

Apollodoro racconta che Apollo e Marsia si erano accordati sulle sorti del vincitore della gara musicale: Marsia peccò di tracotanza (hybris), contando sulla sua bravura, ma a vincere fu chiaramente Apollo ed il satiro subì una punizione crudele ed esemplare. La lira di Apollo è simbolo dei canti degli dei e degli eroi: permette, lasciando spazio al canto, di elevare le anime che ascoltano.

L’aulos invece si colloca in una dimensione dominata dalle passioni, ed è spesso associato nelle iconografie al mondo dionisiaco. È nella tragedia che la dimensione apollinea e dionisiaca coesistono anziché essere in antitesi, e come ricorda Aristotele questo genere letterario ha origine dal ditirambo, un canto improvvisato in onore di Dioniso. L’iconografia del vaso evoca attraverso il mito l’armonia fra razionalità ed irrazionalità.

Fonti:
Erodoto VII 26, 3; Apollodoro I 24; Ovidio, Metamorfosi, VI, 382-402; Aristotele, Poetica, 4

 

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