Hydria a figure nere, bottega del Pittore di Micali, probabile provenienza da Vulci, 510-500 a.C.
All’interno delle metope sono rappresentate alcune scene: sul collo, due giovani; sulla spalla, un tritone che nuotando sulle onde afferra un pesce e un delfino; sul corpo, sei uomini, nell’atto di trasformarsi in delfini, cinque dei quali con testa e tronco di delfino e gambe umane, mentre il sesto, al contrario, con tronco umano ed estremità a forma di pesce.
Le figure sono tutte a testa in giù, in procinto di immergersi tra le onde. A sinistra degli uomini-delfino vi è un tralcio d’edera che allude alla presenza di Dioniso, dio del vino e della vite.
L’hydria costituisce un documento eccezionale proprio perché ricorda l’epilogo del mitico rapimento di Dioniso da parte dei pirati Tirreni, narrato nel VII inno omerico: il dio, dopo essere stato preso in ostaggio dai pirati che provarono a legarlo all’albero maestro della loro nave, compiuti alcuni prodigi, si vendicò trasformandoli in delfini
Il mito riecheggia le attività navali e le probabili azioni piratesche degli Etruschi, conosciuti presso i Greci con il nome di Tirreni.