La grande oinochoe (brocca) a bocca trilobata, della quale resta l’imboccatura, è ricostruibile da tre frammenti principali. L’ansa è decorata da una serie di linee incise verticali che partono da un listello dentellato trasversale; l’attacco superiore ha due piccole rotelle.
Il vaso appartiene a una serie di buccheri probabilmente prodotti appositamente per essere utilizzati e/o offerti dai fedeli nel santuario in occasione di cerimonie rituali. Su alcuni vasi gli scribi del santuario apposero un’iscrizione per perpetuare il ricordo dell’avvenimento.
Anche i frammenti superstiti dell’oinochoe riportano, nello spazio compreso fra due linee incise, una dedica in alfabeto veiente arcaico, accuratamente graffita: m[i]ni mulvanice venalia: s:larinas: e:n mipi kapi m[i(r)] n[u]nai (mi ha donato Venalia Slarinas; non mi prendere, sono sacro).
Il testo restituisce il nome dell’autrice del dono - Venalia Slarinas - e riporta il divieto di appropriarsi dell’offerta, ormai divenuta una proprietà divina. Questa è l’unica testimonianza, non solo a Veio ma in tutta l’Etruria, di una dedica votiva compiuta da una donna in epoca arcaica. Il nome “Venalia”, secondo Giovanni Colonna, potrebbe essere ispirato a Venai, una dea ancora sconosciuta menzionata solo su un’altra iscrizione di Portonaccio.
D.F. Maras, “Le iscrizioni”, in G. Colonna (a cura di), Il santuario di Portonaccio a Veio I. Gli scavi di Massimo Pallottino nella zona dell’altare (1939-1940), MonAnt, Serie Miscellanea, VI-3, Roma 2002, pp. 267-270, n. 222, fig. 30, Tav. LXXVIII.
CIE, II, 5 e Addenda II, 1, n. 6409.
D.F. Maras, Il dono votivo, gli dei e il sacro nelle iscrizioni etrusche di dono, Roma 2009, p. 413, n. cat. Ve do 8.
V. Lecce, “Imboccatura di oinochoe con iscrizione votiva etrusca”, in L. Bentini, M. Marchesi, L. Minarini, G. Sassatelli (a cura di), Etruschi. Viaggio nelle terre dei Rasna (Catalogo della Mostra di Bologna, 2020), Ve-rona 2019, p. 100, n. cat. 43.