Nell’anfora attica a figure nere attribuita al Pittore di Michigan compare la rappresentazione di una delle dodici fatiche inflitte da Euristeo a Eracle: l’uccisione dell’Idra di Lerna, uno dei soggetti mitologici più precocemente rappresentati nell’arte greca. l’Idra, mostro acquatico dalle molteplici teste (da cinque a cento, secondo le fonti antiche), figlio di Echidna e di Tifone, era stata allevata da Hera nella palude di Lerna, in Argolide, sotto un platano, vicino alla fonte Amimone, proprio per servire da prova a Eracle. L’eroe riuscì a sconfiggere il mostro, le cui teste mozzate con la spada si rigeneravano, grazie a un’astuzia ispiratagli da Atena e chiamando in soccorso il nipote Iolao: mentre l’eroe teneva fermo il mostro, Iolao cauterizzava ogni ferita con tizzoni ricavati dal fuoco appiccato nella vicina foresta, ed è proprio questo il momento dell’impresa riprodotto nell’anfora. Si diceva che la testa di mezzo fosse immortale: Eracle la tagliò, la sotterrò e vi pose sopra un enorme masso, indi immerse le sue frecce nel sangue dell’Idra, rendendole in tal modo velenose alla minima scalfittura.
M. Moretti, "La tomba Martini-Marescotti", Quaderni di Villa Giulia, 1, Roma 1966.
G. Kokkorou-Alewras, s.v. "Herakles and the Lernaean Hydra", in Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae, V, 1, Zürich-München 1990, vol. V, 1, pp. 41-43.
Verbanck-A. Piérard, "Héraclès, pourfendeur des dragons", in Le Bestiaire d’Héraclès, (IIIe rencontre héracléenne. Actes du Colloque, Liège-Namur, 14-16 novembre 1996), Kernos Suppl. 7, Liège 1998, pp. 37-60: 44-48; 52-55 (sull’affinità iconografica e semantica fra l’impresa dell’Idra e quella dei pomi delle Esperidi).