La statua raffigura una bambina nuda seduta a gambe incrociate, paffuta e sorridente, mentre con la mano sinistra offre una melagrana a una colomba domestica. La bambina porta una collana, che in origine sosteneva una bulla, ovvero un ciondolo porta-amuleti. I bambini etruschi e romani indossavano comunemente una bulla dalla nascita fino al compimento dell’età adulta: gli amuleti contenuti all’interno - a noi ancora sconosciuti - dovevano difenderli contro i pericoli e le malattie dell’infanzia.
La statua è una delle molte offerte votive scoperte presso la porta Nord di Vulci e fu donata quasi certamente dalla famiglia della bambina, forse per invocare la protezione divina o per celebrare una ricorrenza, come il felice superamento della primissima infanzia, o anche per ringraziare di uno scampato pericolo. Ma l’insolita pettinatura della bambina potrebbe aver avuto un significato preciso.
I capelli sono portati in avanti e raccolti in un nodo sulla fronte, in una forma che non trova confronti nell’arte etrusca ma che ricorda molto la pettinatura della “Fanciulla di Anzio” (III sec. a. C.) ora nel Museo Nazionale Romano. La statua, in marmo greco, raffigura una sacerdotessa che porta un vassoio con oggetti sacri. Da questa analogia è nata l’ipotesi che l’acconciatura abbia uno specifico carattere rituale e che quindi la statua votiva celebri una bambina destinata a diventare una sacerdotessa.
S. Paglieri, “Una stipe votiva vulcente”, in RdA, 9, 1960, pp. 74-96 (p. 84, fig. 3).
R. Bartoccini, “Tre anni di scavi a Vulci (1956 - 1958)”, in Atti del VII Congresso Internazionale di Archeologia Classica (Roma, Napoli 1958), Roma 1961, vol. II, p. 273, tav. X 3-4.
Thesaurus Cultus et Rituum Antiquorum (ThesCRA), p. 335, n. 33.
A. Pautasso, Il deposito votivo presso la Porta Nord a Vulci (Corpus delle stipi votive in Italia, 7, Regio VII, 3), Roma 1994, p. 61, n. cat. E1, tav. 32 a-b.