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Libri Stregati 2024

Storia dei miei soldi

di Melissa Panarello

Sala 37, Veio - Pendente in ambra
ETRU image

Melissa Panarello, Storia dei miei soldi, Bompiani
“Le mie cose raccontano molto più di quanto io stessa riesca a dire di me e del mio passato, e non sono cose che posseggo, ma Horcrux dove ho sepolto pezzi di me. Io appartengo a loro.” (p. 116)

Come non concordare con Melissa P.! Circondati da teche ricche di ‘Horcrux’, vedremo infatti quanto dei semplici oggetti ci possono raccontare di un popolo, quello etrusco, che molti ancora ritengono misterioso.
Ci troviamo davanti al corredo funerario di una donna vissuta circa 2700 anni fa, costituito da ciò che meglio la rappresentava in vita. Possiamo immaginarla indossare al collo la bella collana in pasta di vetro turchese e gialla (6) o l’armilla in bronzo (7) al braccio; il pendaglio a forma di pettine (9) è un piccolo vezzo che le consentiva di sistemarsi i capelli ogni volta che lo desiderava. Il folto gruppo di perline, pendenti e fibule (5) in materiali diversi esposti al centro della teca, dovevano invece impreziosire il ricco abito funebre che, chissà, magari la defunta stessa aveva realizzato.

Pendente in ambra, metà VIII sec. a.C., Necropoli del Quattro Fontanili, Veio

Pendente in ambra, metà VIII sec. a.C., Necropoli del Quattro Fontanili, Veio

Non a caso sul fondo della fossa sono stati rinvenuti una serie di oggetti legati alla tessitura e alla filatura, attività tipiche delle donne di elevato stato sociale: rocchetti per avvolgere e tendere i fili di lana (4), una fuseruola in bronzo (1), una deliziosa scatolina cilindrica, anch’essa in bronzo (12), che poteva contenere batuffoli di lana filata o da filare. Le raffinate coppe da vino sul fondo della teca ci raccontano di come, con grande indignazione dei contemporanei greci, le donne etrusche partecipassero normalmente ai banchetti insieme agli uomini.

La ricerca di indizi sulla vita della nostra amica etrusca si conclude con questi tre piccoli pendenti in ambra (10): un cavallino, un omino itifallico (simbolo di fertilità) e una bellissima scimmietta accovacciata. Animale sacro al dio egizio Toth, la scimmia diventa un soggetto molto di moda in tutto il Mediterraneo durante l’VIII e VII secolo a.C., diffuso soprattutto grazie al commercio dei mercanti fenici.

 

Ci piace pensare che la protagonista di questo breve racconto etrusco portasse con sé questa scimmietta come amuleto portafortuna, e chi le voleva bene l’abbia deposta insieme a lei come protettrice e compagna nel suo viaggio oltre la vita.

Stefania de Majo

 

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