Si scopre che Mauro ha scritto “una specie di romanzo” sul terribile inverno 1572-1573, durante il quale il lago di Costanza rimase ininterrottamente gelato e lo ha fatto ricostruendo attraverso le cronache e gli archivi la storia delle persone che da quell’inverno senza fine erano state travolte, soggiacendo, senza scampo e come tutti gli uomini, alle avversità del clima.
Da storico Barbi scava nel suo passato, interroga fonti e testimoni, per capire perché il flusso della comunicazione si sia interrotto, tentando di ristabilire una verità condivisa, ma non è così facile: il passato ha congelato nella memoria di ciascuno dei suoi amori, amici, conoscenti, anche occasionali, un ricordo di lui e di lui con loro, che sembra ormai un giudizio immutabile.
C’è bisogno di una bambina, un deus ex machina dal nome parlante, di Sofia, per sciogliere il gelo, per ricordare che il presente è l’unico tempo che ci appartiene interamente e in cui possiamo davvero vivere.
E così sulle coppe per bere vino nell’antica lingua dei falisci si legge il testo di un adagio popolare, ripreso poi dal carpe diem oraziano e secoli dopo nel canto per il carnevale scritto da Lorenzo il Magnifico: Foied uino [pi]pafo cra carefo (Oggi berrò vino, domani farò senza) per non dimenticare di vivere il presente nella consapevolezza dell’incerto futuro.
E il proposito si rinnoverà ogni volta che qualcuno, sostando proprio qui davanti alla vetrina del Museo, leggerà queste parole, tra sé o ad alta voce: esse si scioglieranno e di nuovo torneranno a risuonare, riprenderanno voce.
Antonietta Simonelli