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Libri Stregati 2024

Romanzo senza umani

di Paolo Di Paolo

Sala 34, Falerii - Kylix a figure rosse
ETRU image

Paolo Di Paolo, Romanzo senza umani, Feltrinelli
“...Ma devo citare Rabelais…
"L'ha appena fatto!"
"Nell’opera più famosa di questo grande scrittore francese del Cinquecento, c’è un momento in cui Pantagruele avverte il pericolo e si mette in fuga insieme ai suoi compagni. E mentre fugge, nel delirio, racconta che in certi paesi, in inverno, le parole gelano al freddo dell’aria, e non è possibile udirle… Poi aggiunge...
"Concludendo..."
"Concludendo. Aggiunge: ora sarebbe da capire se, per un caso, non fosse qui il posto dove quelle parole disgelano. Sarebbe una sorpresa, dice”. (p. 193)

Come le parole ghiacciate di cui racconta Pantagruele, quelle dipinte, incise sugli oggetti sono fissate per sempre, quasi cristallizzate, e sembrerebbero non avere più un suono; sia le une che le altre aspettano una primavera che permetta loro di sciogliersi di nuovo in voce.

Kylix a figure rosse, 350 a.C., Necropoli della Penna,  Falerii Veteres

Kylix a figure rosse, 350 a.C., Necropoli della Penna, Falerii Veteres

La cosiddetta Piccola glaciazione, che avrebbe interessato l'Europa del Cinque-Seicento è al centro degli interessi dello storico Mauro Barbi il quale, ripercorrendo un itinerario già noto lungo le coste del lago di Costanza, cerca di capire il senso, l’origine di un’altra coltre di ghiaccio, quella che ha raffreddato e bloccato da tempo la sua vita.
In Romanzo senza umani di Paolo Di Paolo il protagonista attraverso la parola, quella scritta della posta elettronica e dei messaggi, quella parlata delle telefonate e di un talk televisivo, prova a riannodare i fili spezzati della sua esistenza, a ricucire la rete dei suoi rapporti umani.

Si scopre che Mauro ha scritto “una specie di romanzo” sul terribile inverno 1572-1573, durante il quale il lago di Costanza rimase ininterrottamente gelato e lo ha fatto ricostruendo attraverso le cronache e gli archivi la storia delle persone che da quell’inverno senza fine erano state travolte, soggiacendo, senza scampo e come tutti gli uomini, alle avversità del clima.

Da storico Barbi scava nel suo passato, interroga fonti e testimoni, per capire perché il flusso della comunicazione si sia interrotto, tentando di ristabilire una verità condivisa, ma non è così facile: il passato ha congelato nella memoria di ciascuno dei suoi amori, amici, conoscenti, anche occasionali, un ricordo di lui e di lui con loro, che sembra ormai un giudizio immutabile.
C’è bisogno di una bambina, un deus ex machina dal nome parlante, di Sofia, per sciogliere il gelo, per ricordare che il presente è l’unico tempo che ci appartiene interamente e in cui possiamo davvero vivere.

E così sulle coppe per bere vino nell’antica lingua dei falisci si legge il testo di un adagio popolare, ripreso poi dal carpe diem oraziano e secoli dopo nel canto per il carnevale scritto da Lorenzo il Magnifico: Foied uino [pi]pafo cra carefo (Oggi berrò vino, domani farò senza) per non dimenticare di vivere il presente nella consapevolezza dell’incerto futuro.
E il proposito si rinnoverà ogni volta che qualcuno, sostando proprio qui davanti alla vetrina del Museo, leggerà queste parole, tra sé o ad alta voce: esse si scioglieranno e di nuovo torneranno a risuonare, riprenderanno voce.

Antonietta Simonelli

 

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