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Libri Stregati 2024

Il fuoco invisibile

di Daniele Rielli

Sala 3, Vulci - Anfora Panatenaica
ETRU image

Daniele Rielli, Il fuoco invisibile, Rizzoli
“Narra il mito che quando Poseidone e Atena si sfidarono per il dominio sull’Attica, il primo percosse il terreno con il suo tridente e fece sgorgare dell’acqua salata, la dea invece scelse di piantare un ulivo. Quel giorno si decise non solo che il nome della città destinata a sorgere in quel luogo sarebbe stato Atene, ma si strinse anche e soprattutto il legame tra gli antichi greci e la pianta dell’ulivo, con le sue molteplici virtù e la sua nodosa maestosità. Nella Bibbia la fine del diluvio è annunciata dal ritorno della colomba che porta un ramo di ulivo, nell’antica Roma a Capodanno i giovani bussavano alle porte dei vicini per offrire in dono rami di ulivo. Da millenni questo albero e l’uomo vivono nel Mediterraneo una storia comune: il tronco avviluppato, segnato, ferito ma resistente ai secoli e le fronde sempre verdi sono l’allegoria di una civiltà. È un albero sacro, se mai ne esiste uno.” (pp. 14-15)

Il grande vaso al centro della vetrina è un’anfora di tipo panatenaico, prodotta ad Atene nell’ultimo trentennio del VI sec. a.C. e deposta nel corredo di un esponente dell’aristocrazia vulcente insieme ad altri simboli di rango, come la straordinaria panoplia in bronzo esposta nella vetrina accanto, i resti di un carro e un servizio di vasellame da banchetto. 

 

Anfora di tipo panatenaico con coperchio, 530-510 a.C., Vulci, Necropoli dell’Osteria, Tomba del Guerriero

Anfora di tipo panatenaico con coperchio, 530-510 a.C., Vulci, Necropoli dell’Osteria, Tomba del Guerriero

Le anfore panatenaiche erano prodotte ad Atene, rigorosamente con la tecnica delle figure nere, come premio per le Grandi Panatenee, competizioni sportive e artistiche organizzate ogni quattro anni durante la festa dedicata ad Atena, protettrice della città. Queste anfore presentavano su un lato l’immagine della dea e sull’altro una scena relativa alla disciplina sportiva in cui si era distinto l’atleta - in questo caso una scena di pugilato - e venivano consegnate ai vincitori colme di olio degli ulivi sacri ad Atena. L’olio, in Grecia come nel mondo etrusco e italico, era un prodotto prezioso e utilizzato per vari scopi, compresa la detersione del corpo degli atleti.  

Fin da epoca antica l’ulivo ha rivestito un ruolo fondamentale nei paesaggi e nelle economie del Mediterraneo. Rielli traccia la fortuna storica della coltivazione dell’ulivo nel Salento, ripercorrendone le vicende dal Settecento, quando si afferma l'esportazione di olio lampante, passando per la conversione della produzione a uso alimentare agli inizi del Novecento, fino ai pregiati olii extravergine che in tempi recenti hanno raggiunto le tavole degli intenditori.

Tali vicende hanno portato l’ulivo a diventare il simbolo del territorio, simbolo nel quale la comunità locale si identifica, proprio come dovevano fare gli abitanti dell’Atene di età arcaica. Rielli ricostruisce sotto forma di indagine la diffusione del batterio Xylella nel Salento: una catastrofe naturale, che ha comportato la distruzione di oltre venti milioni di piante, ma anche umana. Questo perché tocca corde profonde, connesse al venir meno dell’antica sinergia tra uomo e natura, un fatto difficile da accettare in maniera razionale.

Valeria de Scarpis

 

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