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Libri Stregati 2024

Cose che non si raccontano

di Antonella Lattanzi

Sala 5, Vulci - Utero votivo
ETRU image

Antonella Lattanzi, Cose che non si raccontano, Einaudi
“Il dottor S. mi fa stendere su quel lettino su cui mi sono stesa un milione di volte per monitorare la mia ovulazione. C’è un’ombra nel mio utero. Lui ride: «È il sacco vitellino». Io dico: «Cosa vuol dire?» Lui dice «Che è troppo presto per vedere l’embrione. Ma sei incinta. C’è un solo sacco vitellino. Non sono gemelli. È uno solo». Io dico: Va tutto bene?» Lui ride di nuovo: mi fa rivestire, dice: «Sei incintissima, Antonella. Non aver paura. Sei incintissima. E ricordati che la gravidanza non è una malattia»." (p. 55)

Il libro di Antonella Lattanzi, attraverso il crudo racconto dell’iter burocratico e della medicalizzazione per concretizzare il desiderio di essere madre, maturato quando il suo fisico non era pronto ad esserlo e con l’anima straziata dai sensi di colpa per il rifiuto della maternità negli anni giovanili, mette in luce lo scontro fra due aspirazioni che in momenti diversi o contestualmente possono attraversare la vita e il corpo delle donne: l’ambizione lavorativa e il desiderio di maternità. 

 

Utero votivo a stampo,  fine IV-I sec. a. C, Deposito votivo di Fontanile di Legnisina, Vulci

Utero votivo a stampo, fine IV-I sec. a. C, Deposito votivo di Fontanile di Legnisina, Vulci

Nel mondo antico l’aspirazione alla maternità, per raggiungere la quale si deve passare attraverso il delicatissimo e rischioso momento del parto che le giovani madri che avevano raggiunto l’età adulta e la maturazione fisiologica affrontavano come una battaglia sovente mortale, veniva posta sotto la protezione di divinità; la medicalizzazione del parto, per i casi patologici, si afferma infatti in età moderna.

La fertilità umana, al pari della fecondità dei suoli garantiva la sopravvivenza della specie.

 

Nell’ambiente etrusco-italico, fra il V e il II secolo a.C., nei santuari consacrati a divinità femminili si deponevano offerte per richiedere fertilità, gravidanze prive di complicazioni, parti sicuri, protezione per i neonati, o per ringraziare per il buon esito della gravidanza e del parto. Fra i doni votivi rappresentanti una parte anatomica, quella degli organi preposti alla riproduzione, genitali maschili e uteri, sottendono certamente una richiesta di potenza sessuale e di fecondità, che poteva anche essere preclusa da una qualche affezione locale di cui si chiedeva la guarigione o per la cui guarigione si ringraziava.

Si tratta di manufatti prodotti a stampo in modo seriale, destinati a soddisfare le richieste di persone/devoti diversi, ai quali in alcuni casi saranno anche state apportate modifiche finalizzate a indicare una specifica malattia o malformazione, ma in linea generale non è possibile dire se anche modelli fittili di organi che apparentemente paiono sani non rappresentassero organi ammalati, dal momento che esistono anche stati patologici non rappresentabili e che gli artigiani non avevano grande dimestichezza con le conoscenze mediche del tempo.

Maria Paola Guidobaldi

 

 

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