Nell’ambiente etrusco-italico, fra il V e il II secolo a.C., nei santuari consacrati a divinità femminili si deponevano offerte per richiedere fertilità, gravidanze prive di complicazioni, parti sicuri, protezione per i neonati, o per ringraziare per il buon esito della gravidanza e del parto. Fra i doni votivi rappresentanti una parte anatomica, quella degli organi preposti alla riproduzione, genitali maschili e uteri, sottendono certamente una richiesta di potenza sessuale e di fecondità, che poteva anche essere preclusa da una qualche affezione locale di cui si chiedeva la guarigione o per la cui guarigione si ringraziava.
Si tratta di manufatti prodotti a stampo in modo seriale, destinati a soddisfare le richieste di persone/devoti diversi, ai quali in alcuni casi saranno anche state apportate modifiche finalizzate a indicare una specifica malattia o malformazione, ma in linea generale non è possibile dire se anche modelli fittili di organi che apparentemente paiono sani non rappresentassero organi ammalati, dal momento che esistono anche stati patologici non rappresentabili e che gli artigiani non avevano grande dimestichezza con le conoscenze mediche del tempo.
Maria Paola Guidobaldi