Gli scavi archeologici hanno restituito numerosissime varietà di “balsamari”, utilizzati per commerciare essenze in località anche molto lontane dai luoghi di produzione. Il valore di questi oggetti doveva essere elevato, tanto da renderli dei veri e propri status symbol riservati alle classi sociali più alte. Sono però testimoniate - anche in Etruria - delle imitazioni locali di balsamari di importazione: forse contenevano essenze relativamente più economiche, che “riproducevano” fragranze esotiche.
La nostra rondine, ritrovata in una ricca tomba di Vulci scavata nel 1996, proveniva da Rodi. L’isola era una famosa produttrice di aromi, che diffondeva in tutto il bacino del Mediterraneo. Forse la forma di questi vasi può essere collegata più strettamente alle tradizioni dell’isola.
Ateneo di Naucrati (II-III secolo d.C.) nella sua opera Deipnosophistae (o "I sapienti a banchetto", VIII 360B) riferisce che a Rodi si svolgeva una cerimonia per raccogliere delle offerte detta “Giocare alla Rondine”. Questa usanza sarebbe stata introdotta da Cleobulo di Lindo (VI-V secolo a.C.), che fu tiranno di Rodi e annoverato per i suoi meriti fra i Sette sapienti ricordati dai Greci. Nel corso di questa tradizionale “raccolta di fondi” per necessità pubbliche, dei giovani cantavano una filastrocca, che ci sembra molto adatta a celebrare la primavera:
“La rondine è arrivata, è arrivata!
Porta il bel tempo, il bel tempo e la bella stagione.
Il suo petto è bianco, il suo dorso è nero. (…)
Aprite, aprite la porta alla Rondine! (…)”