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Etru a Casa - Vulci

Anforetta attica con Trittolemo e Demetra

20 Maggio 2020


di Fernanda Abbadessa

Anforetta attica a figure nere con Trittolemo e Demetra, ascrivibile al gruppo di Leagros,  Montalto di Castro, necropoli dell'Osteria, tomba a camera L (530-510 a.C.), sala 4.

Anforetta attica a figure nere con Trittolemo e Demetra, ascrivibile al gruppo di Leagros, Montalto di Castro, necropoli dell'Osteria, tomba a camera L (530-510 a.C.), sala 4.

Oggi vi presentiamo un'anforetta che raffigura Trittolemo che riceve la benevolenza della dea greca della terra coltivata, Demetra, la quale avendo perso improvvisamente sua figlia Kore, si era tramutata in una vecchia e aveva compiuto varie ricerche sulla terra. Demetra era stata accolta generosamente dal re di Eleusi, Celeo, e pertanto aveva ricompensato suo figlio Trittolemo iniziandolo ai riti segreti e inviandolo nel mondo, sotto la sua protezione, come messaggero del dono dell’agricoltura (Inno omerico a Demetra).
Il nome Trittolemo si traduce in “colui che ara tre volte” ed è significativo di questa epopteia (“conoscenza”; Apollodoro, I, 5, 2).
Gli Etruschi, i cui territori erano ricchissimi di cereali, viti e oliveti (Diodoro Siculo, V, 40,3-5) conoscevano bene il mito di Demetra e della sua fanciulla Kore. Il santuario di Fontanile di Legnisina di Vulci svela il ben più ampio significato della dea, che era protettrice dell’attività generatrice. Di fatto, le donne con difficoltà a portare a termine le gravidanze o non fertili donavano vari oggetti all’etrusca dea “Vei” (Demetra) poiché l’utero, come il ventre della terra, può produrre i suoi frutti, ma soltanto con il volere divino.

Anforetta attica a figure nere con Trittolemo e Demetra, particolare

Anforetta attica a figure nere con Trittolemo e Demetra, particolare

Grazie al mito di Demetra-Vei e della figlia Kore, strappata a sua madre dal Dio Ade, grazie all’intervento di Zeus che consentì a Demetra di trascorrere almeno sei mesi all’anno con Kore, si spiegano il succedersi delle stagioni (Kore è la spiga di grano che rifiorisce ogni anno dalle profondità della terra) e le credenze escatologiche in un destino favorevole dopo la morte. Abbiamo già visto simboli di rinascita nei corredi etruschi, come l’uovo di struzzo, così come sappiamo che gli Etruschi certamente veneravano le divinità dell’oltretomba (i doni del santuario di Pyrgi a Cerveteri dedicati a Suri e Cavatha ne sono testimonianza). Questi culti rappresentavano per l’uomo etrusco una risposta alle domande sulla vita terrena e su quella dopo la morte. La spiga di grano che i sacerdoti del culto di Demetra rivolgevano ai fedeli era parte di un rito misterico (Ippolito, V, 5,3) che custodito nel proprio animo garantiva al fedele la salvezza.

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