Questi pensieri gli attraversarono fulminei la mente mentre le forze ormai lo abbandonavano. A nulla era valso gridare il suo pentimento ad Apollo implacabile. Aveva osato sfidarlo: lui con l’aulòs e il dio con la lira, sicuro di poterlo battere. Ed era quasi fatta, tanto le Muse erano rimaste impressionate per le sue melodie e stavano per assegnargli la vittoria.
Ma poi quella trappola sleale: suonare lo strumento alla rovescia, o suonare e cantare insieme. E quello … no … lui con il suo strumento non lo poteva fare. Perciò, come del resto era nei patti, il vincitore poteva punire a suo piacimento lo sconfitto, e lui ora moriva, urlando al vento il suo dolore, appeso a un albero di alloro, mentre un servo scita, con il coltello affilato, gli strappava via la pelle dalle membra. E mentre muscoli e vene guizzavano allo scoperto e si contavano i visceri e tutte le fibre translucide del petto, posò sull’amato strumento l’ultimo sguardo offuscato dal sangue. Accorsero satiri, ninfe e pastori dei boschi e la terra, assorbito il loro pianto disperato, lo trasformò nel più limpido fiume della Frigia: Marsia.
Il supplizio di Marsia è rappresentato in un affresco del cosiddetto Vestibolo della Sala di Venere. Lo schema iconografico utilizzato (cfr. anche la coeva Sala dell’Apollo a Castel Sant’Angelo) è quello a noi noto attraverso molte sculture di età romana che riprendono un tipo elaborato in ambiente pergameno nel II sec. a. C. e che comprendeva la figura dello Scita inginocchiato e quella del Marsia appeso: in marmo rosso, come il Marsia rosso della Centrale Montemartini, utilizzato per accentuare l’effetto dello scorticamento, o in marmo bianco, come quello delle Gallerie degli Uffizi, riconducibile a un gruppo di cui faceva parte anche l’Arrotino (o Scita) della Tribuna degli Uffizi, trovato a Roma nel XVI secolo, acquistato nel 1561 dal Cardinale Ferdinando de’ Medici e che poteva dunque essere noto ai decoratori rinascimentali, ancora privi dell’immenso repertorio figurativo che due secoli dopo avrebbero restituito le citta vesuviane.