Hydria con accecamento di Polifemo e inseguimento di Deianira e Nesso da parte di Eracle, Cerveteri, Necropoli della Banditaccia, tomba 1, 530-520 a C.
Alla corte di Alcinoo, re dei Feaci, il naufrago Ulisse ascolta commosso il cantore Demodoco che narra l’inganno del cavallo e la distruzione di Troia. Sollecitato dal re a dire chi mai fosse, Ulisse, svela la sua identità e inizia a parlare raccontando le peripezie del suo viaggio e tra queste il terribile incontro con il ciclope Polifemo, essere inospitale e incurante degli dei.
Il momento culminante dell’episodio è racchiuso nella scena dell’accecamento, che lo stesso Ulisse ci descrive attraverso le parole di Omero: “Essi, alzando il palo puntuto d’olivo, nell’occhio lo spinsero: e io premendo da sopra giravo, come uomo col trapano…”
(Omero, Odissea IX, 382-384).
La scena è rappresentata su un vaso destinato a contenere acqua (hydría), rinvenuto a Caere e prodotto per l’aristocrazia etrusca da un artigiano proveniente da una colonia greca dell’Asia Minore, sulle coste occidentali dell’attuale Turchia.