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Etru a Casa - Vulci

Centauro di Vulci

30 Marzo 2020

di Vittoria Lecce
Centauro, statua funeraria del Maestro del Centauro, nenfro, 590-580 a.C. Vulci, necropoli in loc. Poggio Maremma, tomba a camera.

Centauro, statua funeraria del Maestro del Centauro, nenfro, 590-580 a.C. Vulci, necropoli in loc. Poggio Maremma, tomba a camera.

Il Centauro di Vulci è considerato la più importante scultura a tutto tondo della sua epoca. La statua venne scoperta nel 1919 dall’archeologo Goffredo Bendinelli: era spezzata in due parti e mancavano del tutto la base, la parte inferiore degli arti e diversi altri frammenti. E' solo grazie al primo restauro di Luigi Falessi che ha assunto l'aspetto attuale e da allora è uno dei reperti più famosi del Museo.
L’opera è attribuita al “Maestro del Centauro”, un artista di cui non conosciamo il nome e che era abile nel lavorare la pietra locale (il nenfro è una varietà di tufo) ed era aggiornato sulle contemporanee tendenze dell’arte greca arcaica. La completa perdita del colore non ci permette di apprezzare al meglio la sua opera.
Il Centauro visto frontalmente appare come un giovane nudo, con le mani stese lungo i fianchi, che avanza lentamente. Sul viso è scolpita una barba, mentre i lunghi capelli sono acconciati con cura. Una fila di riccioli orla la fronte e chiude la pettinatura sulle spalle, due ciocche attorcigliate coprono le orecchie e scendono fino alle spalle.

La visione di profilo sorprende lo spettatore perché il corpo di un cavallo si innesta a quello umano, formando un essere soprannaturale. Questo modo di raffigurare un centauro è più raro rispetto allo schema del cavallo con torso umano, ma ne esistono diversi esempi sia nell’arte greca che in quella etrusca. La scultura in tufo e nenfro era particolarmente sviluppata a Vulci, tanto da essere oggi considerata una delle caratteristiche principali della città. La maggior parte delle opere giunte fino a noi sembrano aver avuto un carattere funerario; fra queste, le raffigurazioni di animali feroci e di esseri fantastici sono molto comuni. Di solito venivano posizionate all'ingresso delle tombe, nel dromos (corridoio di accesso) o ai lati della porta della camera sepolcrale, dove evocavano il misterioso mondo degli inferi.
Anche il nostro Centauro doveva avere in origine la funzione di “guardiano” di una tomba (che oggi non è più identificabile), ma non fu molto fortunato perché il luogo venne saccheggiato e manomesso e il suo scopritore lo trovò "gettato come materiale di scarico dal vano del corridoio”, come scrisse sul Bollettino d'Arte del 1923.

La sala 1 del Museo: sulla destra il Centauro di Vulci

La sala 1 del Museo: sulla destra il Centauro di Vulci

E' suggestivo ricordare come Goffredo Bendinelli, studiando i rapporti fra la mitologia greca e quella etrusca per l’iconografia e il significato del Centauro, si lasciò catturare dai versi di Virgilio e di Dante, autori che hanno popolato di Centauri i loro inferi.

"Multaque praeterea variorum monstra ferarum
Centauri in foribus stabulant Scyllaeque biformes"
(Eneide, VI, 285-286)
(Inoltre c’erano molte belve mostruose dagli aspetti più vari: Centauri stazionano all’entrata e Scille dalla doppia natura)

“… in traccia correan Centauri armati di saette
come solevan nel mondo andare a caccia”
(Inferno, XII, 55-57)

 

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