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Etru a Casa - Restauro

Il degrado dei metalli

17 Maggio 2020

di Miriam Lamonaca
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Quanto ne sapete di degrado dei reperti archeologici in metallo? Il termine “degrado” si riferisce solitamente ad una serie di mutamenti delle caratteristiche fisico-chimiche di un oggetto nel tempo, con connotati decisamente negativi che potrebbero causare anche la perdita dell’oggetto stesso e, con esso, anche della memoria culturale a cui il bene è collegato.

Particolarmente delicato è il tema del degrado di reperti archeologici di metallo: il loro più importante problema di conservazione di cui tenere conto è la corrosione; questo processo indica una lenta e continua consumazione naturale ed irreversibile di un materiale.

La corrosione è un fenomeno di natura elettrochimica che determina una interazione chimico-fisica del materiale metallico con l’ambiente che lo circonda: i metalli tendono a trasformarsi in una delle forme più stabili presenti in natura, usualmente quelle di ossido, di ossido idrato, di idrossido, di carbonato o di solfato.

 

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Le patine di corrosione si distinguono dal metallo sottostante sia per colore che per consistenza. Tipiche sono le patine rosso-arancio nel caso di leghe ferrose o quelle verdi su bronzi. Se questo processo prosegue nel tempo con andamento canceroso, il metallo ne è sempre più interessato in profondità.

Per alcuni metalli al contrario i prodotti di corrosione stessi proteggono il metallo sottostante.
 

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I reperti archeologici di metallo di piccole dimensioni, poi, sono particolarmente soggetti a rotture e deformazioni, con disgregazione delle parti più sottili che possono trasformarsi completamente in ossidi e cloruri instabili e friabili, perdendo completamente la loro natura metallica.

La corrosione può anche manifestarsi in modo non omogeneo e sotto forme diverse: attaccando solo alcune parti del manufatto; corrodendo in profondità dei punti, all'interno dei quali si depositano cloruri rameosi pronti a riattivarsi in presenza di U.R. (umidità relativa dell'ambiente) superiore al 45-50 %; sotto forma di prodotti di corrosione che si depositano a strati sovrapposti sulle superfici, spesso senza danneggiarle, ecc.

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Il restauratore è chiamato dunque a confrontarsi di volta in volta con problematiche differenti che lo condurranno ad uno studio e ad una valutazione tecnico-scientifica sulle metodologie di intervento maggiormente idonee per ogni particolare stato conservativo dei manufatti.

 

Nelle foto, si mostrano alcuni dei reperti esposti nella sala 4 del museo provenienti da Vulci, in cui è possibile individuare visibilmente l’eterogeneità degli effetti del degrado sui manufatti in bronzo.

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