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Etru a Casa - Collezioni antiquarie

L'invenzione della lira

23 Maggio 2020

di Maria Paola Guidobaldi
Anfora Attica a figure nere del Pittore di Antimenes (520 a.C.): Apollo con la lira fra Hermes, Artemide e Afrodite, da Tarquinia (Collezione Castellani), Sala 23.

Anfora Attica a figure nere del Pittore di Antimenes (520 a.C.): Apollo con la lira fra Hermes, Artemide e Afrodite, da Tarquinia (Collezione Castellani), Sala 23.

Chissà a quale delle oltre 300 specie oggi note sarà appartenuta la tartaruga che finì nelle mani del dio Hermes?

Certo è che fra tutti i pericoli che questi animali corrono per colpa dell’uomo, e sui quali richiama l’attenzione la Giornata Mondiale delle Tartarughe, quello narrato nell’Inno omerico a Hermes, composto alla fine del VI sec. a.C. e a cui presto si ispirarono i pittori di vasi, supera ogni umana fantasia: e infatti era opera di un dio che, “nato all’alba, a mezzogiorno suonava la lira e a sera rubava le vacche di Apollo”.

Forse può consolare il fatto che dall’atroce fine della povera bestiolina sarebbe scaturito un oggetto meraviglioso, destinato a diventare lo strumento nazionale dei Greci, all’origine di ulteriori intrecci mitologici connessi all’apprendimento della musica e al virtuosismo degli esecutori.

Anfora Attica a figure nere del Pittore di Antimenes (520 a.C.), particolare

Anfora Attica a figure nere del Pittore di Antimenes (520 a.C.), particolare

Concepito in una notte di amore clandestino che il sommo Zeus consumò con Maia, Hermes, appena venuto alla luce nella grotta sul Monte Cillene (Arcadia), come ogni neonato fu sistemato in una culla, accuratamente fasciato di bende, simili a quelle che avvolgono i bimbi che vediamo in alcune vetrine del Museo.

Egli trovò però il modo di slegarsi e uscire per compiere subito le sue prodezze. Mentre già pensava alle vacche del fratello Apollo, che poco dopo sarebbe andato a rubargli in Tessaglia, vide davanti all’ingresso della grotta una tartaruga che se ne stava tranquilla a mangiare erba.

Plettri in avorio rivestiti da lamina d’oro (650-650 a.C.), dal Tumulo di Montetosto di Cerveteri, camera sinistra (I), Sala 9. Archivio Fotografico ETRU

Plettri in avorio rivestiti da lamina d’oro (650-650 a.C.), dal Tumulo di Montetosto di Cerveteri, camera sinistra (I), Sala 9. Archivio Fotografico ETRU

Afferrò dunque quell’inatteso giocattolo e, con fervida inventiva che rapida guidò i suoi gesti, ne estrasse la polpa dal “guscio variegato”, fissò sul dorso due corna caprine congiunte in alto da una traversa, tese sulla superficie concava una pelle di bue creando in tal modo una cassa armonica, fissò sette corde di nervi di bue dal basso fino alla traversa e con il plettro ne provò soddisfatto l‘accordo.

Aveva costruito la prima lira, lo strumento musicale destinato a portare gioia e amore nei banchetti e nelle feste. Apollo, accortosi del furto, si precipitò furente sul Monte Cillene per reclamare la sua mandria ma, sedotto dai suoni prodigiosi che Hermes stava traendo dalla lira, finì con il barattare i suoi animali con lo strumento, che da quel momento diventò uno dei suoi attributi, come vediamo ad esempio in questa anfora del Museo, mentre la tartaruga si affermerà come uno degli attributi di Hermes.

Inutile dirvi che Apollo suonava la lira in modo divino. Qualcuno però oserà sfidarlo in una gara musicale conclusasi con un’implacabile punizione. Ma questa è un’altra storia che vi racconteremo domani.

 

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