Fig. 1, Antefissa a testa femminile in terracotta lavorata a stampo e dipinta (tipo Winter 6.C.4.b) da Cerveteri, area urbana di Caere, 530-520 a.C., Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma. Non sono ancora state trovate raffigurazioni della dea, ma doveva apparire come una giovane donna
A Ottobre presentiamo una divinità femminile che doveva apparire bella, giovane e forse anche controversa, ma purtroppo non ci sono pervenute immagini di culto né raffigurazioni specifiche (fig. 1).
Si tratta di Cavatha, una dea che sembra essere stata allo stesso tempo una entità sotterranea e celeste. Il nome nel tempo si è evoluto in Cavtha/Cautha e infine Catha: quest’ultima forma compare nel celebre Fegato di Piacenza.
Per gli Etruschi la dea era in parte identificabile con Kore-Persefone, la giovanissima figlia di Demetra (fig. 2) e sposa di Ade, il re degli inferi. Proprio come Kore (che in greco significa "fanciulla"), in diverse iscrizioni votive Cavatha è definita “sech”, ovvero “Figlia” (fig. 3).
La maggior parte delle dediche alla dea provengono dal santuario meridionale di Pyrgi (oggi Santa Severa), il principale porto commerciale di Cerveteri. A Pyrgi, Cavatha formava una coppia divina con Suri, un Apollo infero assimilabile per alcuni aspetti all’Ade dei Greci.