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Aiser - Un anno con gli dei Etruschi

Luglio e la dea Menerva


La guerriera protettrice dei giovani

Fig. 1, Statuetta votiva in bronzo di Minerva armata, produzione umbra (Maestro Fiesole), Collezione Kircheriana, 425-400 a.C., Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma

Fig. 1, Statuetta votiva in bronzo di Minerva armata, produzione umbra (Maestro Fiesole), Collezione Kircheriana, 425-400 a.C., Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma

Menerva era senza dubbio una delle divinità principali degli Etruschi, presto identificata con la Atena dei Greci.

Una dea con lo stesso nome (Minerva) era venerata anche dai Romani e da altri popoli di lingua latina. Il significato del nome sembra legato alla divinazione: secondo le fonti latine, infatti, il verbo “promenervare” significava “avvertire in anticipo”.

Menerva è rappresentata come Atena (fig. 1): una giovane donna abbigliata con lunghe tuniche e mantelli eleganti e sobri, che impugna una lancia e indossa un elmo e l’ègida (una particolare armatura di pelle di capra, spesso decorata con serpenti, sulla quale spicca la testa della Gorgone Medusa, che pietrificava i nemici con lo sguardo).

Gli Etruschi, ispirati dai miti greci, ritenevano Menerva nata direttamente dalla testa di Tinia, il padre degli dei, e la consideravano protettrice dell’arte della guerra e degli eroi particolarmente valorosi, ai quali poteva offrire aiuto nelle loro imprese.

Non a caso Menerva/Atena è spesso raffigurata insieme a Ercole: di solito lo assiste nelle sue celebri fatiche o lo guida sull’Olimpo per essere accolto fra gli dei (fig. 2).

 

Fig. 2, Gruppo votivo di Minerva e Ercole, terracotta plasmata a mano e dipinta, santuario di Portonaccio, Veio, 500 a.C., Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma

Fig. 2, Gruppo votivo di Minerva e Ercole, terracotta plasmata a mano e dipinta, santuario di Portonaccio, Veio, 500 a.C., Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma

La dea però non approvava la brutalità: l’altorilievo di Pyrgi mostra Atena che abbandona disgustata il guerriero greco Tideo, al quale stava per donare l’immortalità, perché ha ceduto alla ferocia e ha morso il cranio del suo nemico Melanippo (fig. 3).

Esistevano certamente dei miti di origine etrusca legati a Menerva, ma finora sembrano documentati solo da poche scene, incise su specchi in bronzo e difficili da interpretare in mancanza di fonti letterarie dirette. In particolare, alcune immagini mostrano uno stretto rapporto della dea con diverse figure infantili (definite “Epiur” e “Maris”) e forse potrebbero alludere al legame che esisteva fra questa divinità e l’allevamento dei bambini / la crescita delle nuove generazioni.

Le offerte rinvenute in alcuni santuari, infatti, indicano che Menerva era incaricata di proteggere i bambini e i ragazzi e che svolgeva un ruolo importante nei riti di passaggio dall’adolescenza all’età adulta.

Questo aspetto del culto è evidente ad esempio nel santuario di Portonaccio a Veio, uno dei più ricchi e importanti dell’Etruria, che ospitava un altare e un tempietto dedicati a Menerva e dove avevano luogo i riti di passaggio dei giovani venienti (fig. 4).

Gli Etruschi si affidavano alla dea anche per conoscere il futuro: la presenza di un oracolo è infatti documentata in diversi santuari, ad esempio a Veio-Portonaccio e a Punta della Vipera (attuale Santa Marinella).

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