Fig. 1, Testa di statua in terracotta modellata a mano, dal deposito votivo di Fontanile di Legnisina a Vulci, scavi 1985, fine IV secolo a.C., Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma. A Fontanile di Legnisina è documentato il culto di Vei; la statua potrebbe essere un’offerta votiva o l’immagine di una delle divinità venerate nel santuario.
Ad Agosto parliamo di Vei, una divinità sconosciuta fino agli anni ’80 del secolo scorso perché il suo nome non compare sul Fegato di Piacenza né fra le divinità etrusche tramandate dalle fonti antiche.
Le iscrizioni e lo studio dei dati archeologici hanno permesso la “riscoperta” di questa figura divina, che ad oggi risulta venerata in molte grandi città etrusche, come Cerveteri, Tarquinia (presso il porto di Gravisca), Vulci (fig. 1), Orvieto e Veio; quest’ultima città addirittura porta lo stesso nome della dea.
Si trattava quindi di una divinità importante, probabilmente fra le più antiche del pantheon etrusco.
Secondo una suggestiva interpretazione, “Vei” potrebbe aver avuto lo stesso significato del termine latino “vis”, da intendere specificamente come “forza generatrice”.
Il nome, qualunque sia stato il significato originario, definisce certamente una dea preposta alla rigenerazione del ciclo vitale, sia umano sia della natura, e non a caso “Ati” (Madre) era uno dei suoi attributi.
Per le sue caratteristiche Vei venne assimilata alla Demetra dei Greci e alla Cerere dei Romani.