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i capolavori del museo

Testa di Leucotea

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E’ uno di quei fortunati casi in cui in un unico reperto archeologico maestria esecutiva, bellezza formale e valore storico-culturale convivono e si intrecciano, dando luogo a una testimonianza di grande fascino.

La bella testa femminile doveva far parte di un rilievo più grande, che decorava la facciata di un tempio etrusco.

Quest’opera è realizzata in terracotta dipinta e conserva ancora tracce del colore originario, come il bianco della pelle, il nero delle pupille e il rosso dei capelli.

La bocca aperta, i grandi occhi spalancati e i capelli mossi dal vento sembrano suggerire un sentimento di paura e un desiderio di fuga.

La testa proviene dal tempio A del santuario di Pyrgi (Santa Severa), antico porto di Caere (Cerveteri) e raffigurerebbe la dea Leucotea (letteralmente la “dea bianca”), a cui le fonti greche attribuiscono il tempio.

Una leggenda greca raccontava che Ino, questo era il nome della donna prima che diventasse dea, dopo la morte della sorella Semele, avrebbe allevato il piccolo Dioniso, suo nipote, scatenando le ire di Era, che detestava il bambino in quanto frutto di uno dei tanti tradimenti del marito Zeus.

Il poeta Ovidio (Fasti, VI) narra come, perseguitata da Era, Ino-Leucotea giungesse insieme con il figlio Melicerte-Palemone alle foci del Tevere nella regione abitata dagli Arcadi; qui venne aiutata da Ercole di ritorno da una delle sue fatiche.

Vista lateriale del Sarcofago degli Sposi

Seguendo il racconto di Ovidio si apprende che la sacerdotessa Carmenta, madre di Evandro re degli Arcadi, aveva predetto a Ino che sarebbe diventata una divinità marina con il nome di Leucotea, che i Romani l’avrebbero assimilata a Mater Matuta, dea della nascita e dell’aurora, e che suo figlio Palemone, Portunus per i Romani, sarebbe stato venerato come dio dei porti.

E infatti a Roma in prossimità del Foro Boario e vicino all’antico porto fluviale, dove sorgeva il tempio di Mater Matuta verrà costruito quello dedicato al dio Portunus, ancora oggi visibile a poca distanza dal Tevere.

Ritrovata negli anni ’60 del secolo scorso la testa appartiene a un rifacimento, databile intorno al 350 a. C., della decorazione del tempio A di Pyrgi, costruito nella seconda metà del V secolo a. C. (470-460) e dedicato, come attesterebbe una iscrizione, a Thesan, dea etrusca dell’Aurora, poi identificata con la greca Leucotea.

Il rifacimento del tempio è da collegare con ogni probabilità al saccheggio subito dal santuario nel 384 a.C. e attribuito a Dionigi il Vecchio di Siracusa da alcune fonti greche le quali ricordavano anche l’enorme valore del bottino sottratto.

L’esecuzione della testa riprende lo stile tardo-classico di scultori greci quali  Prassitele e Skopas (seconda metà del IV secolo), la cui arte è caratterizzata da atteggiamenti particolarmente languidi e patetici e dall’accentuato movimento delle figure.

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